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LA GUERRA E IL CARO COMMODITIES: A RISCHIO LE IMPRESE E LA RIPRESA

Gli intrecci tra il conflitto russo-ucraino, la crisi energetica e la fase di transizione post-pandemia dell’economia italiana, sono stati al centro  del webinar di presentazione del 18° report  ‘Venti di guerra e caro-commodities: i rischi per le imprese e la crescita’ organizzato lo scorso lunedì 14 marzo dall’Ufficio Studi e dalla Direzione Politiche economiche, nell’ambito delle Sessioni streaming della Scuola di Sistema. Dopo i saluti e l’intervento iniziale di Vincenzo Mamoli, Segretario Generale di Confartigianato, Enrico Quintavalle, Responsabile Ufficio Studi e Licia Redolfi, Osservatorio MPI Confartigianato Lombardia hanno rispettivamente focalizzato l’attenzioni sui dati nazionali e sul focus regionale. A concludere è stato Bruno Panieri, Direttore Politiche Economiche.

La guerra in Ucraina rappresenta un punto di snodo nella storia del XXI secolo, irrompe nella delicata fase di ripresa dopo la pandemia da Covid-19.I venti di guerra stanno alimentando la fiammata inflazionistica energy-driven, accentuando il rallentamento della crescita nel 2022. L’esame di alcuni dati statistici pubblicati questa settimana sottolinea la delicata fase del ciclo economico in corso. A febbraio, per l’ottavo mese consecutivo, l’inflazione accelera, raggiungendo il +5,7% (+6,2% l’indice armonizzato utilizzato nel confronto europeo). Nell’arco di 18 mesi l’economia italiana è passata dalla più intensa deflazione (-1% a settembre 2020) ad un tasso di inflazione che non era così alto da novembre 1995. I tre quarti dell’inflazione sono generati dall’incremento dei prezzi dell’energia. Su questo fronte, la competitività delle imprese italiane è messa a rischio da un fragile architettura energetica, con i prezzi di elettricità e gas che in Italia crescono ad un ritmo doppio della media dell’Eurozona.I conti nazionali del 2021 pubblicati il 1° marzo evidenziano il traino della ripresa delle costruzioni, la resilienza della manifattura e il ritardo diffuso nel recupero del valore aggiunto nei servizi.

La guerra scoppiata nel cuore d’Europa non fa sconti all’economia italiana, caratterizzata da un elevata propensione all’export. Una recente analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato evidenzia che già dopo la precedente crisi russo-ucraina in Crimea nel 2014, il made in Italy in Russia ha cumulato una perdita di 24,7 miliardi di euro in otto anni, pari 3,1 miliardi di euro in meno all’anno. Il conflitto amplifica gli effetti sulle imprese del caro-energia, con la Russia 1° fornitore dell’Italia di commodities energetiche. I prezzi dei beni energetici accelerano: dopo l’invasione dell’Ucraina, il prezzo del barile di Brent si è instradato su un sentiero di crescita, mentre il prezzo di riferimento della borsa elettrica  (PUN) nell’ultima settimana è salito del 41% rispetto alla media dei sette giorni precedenti.

La sospensione delle importazioni provenienti dal teatro di guerra spingerà in alto i prezzi di diverse commodities e allungherà i tempi di consegna. Dall’area interessata dal conflitto importiamo quote rilevanti degli acquisti dall’estero di ferro, ghisa e acciaio, di ghiaia, sabbia e argille, di cereali e fertilizzanti. Con la guerra scoppia l’’iperinflazione’ energetica. A febbraio il prezzo del gas era più che quadruplicato nell’ultimo anno, con l’invasione dell’Ucraina è ulteriormente raddoppiato. L’alto utilizzo del gas per generare elettricità porta a marzo 2022 il prezzo della borsa elettrica oltre cinque volte il livello di un anno prima. Il prezzo del barile di petrolio Brent a marzo (media all’11/3) è dell’83,6% superiore rispetto ad un anno prima, con forti ripercussioni sul costo dei trasporti.

Le violente sollecitazioni sull’offerta e sui prezzi delle commodities indotte dal conflitto scoppiato due settimane fa nel cuore d’Europa mettono sotto pressione 946 mila imprese con 5 milioni 353 mila addetti, il 30,7% dell’occupazione dell’intero sistema imprenditoriale italiano. Si collocano nella trincea di prima linea i settori manifatturieri con una maggiore intensità energetica: dalla petrolchimica alla metallurgia, dal vetro e la ceramica alla carta. In questi comparti energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi sta diventando insostenibile, costringendo al fermo dell’attività: a due anni dal lockdown sanitario siamo arrivati al lockdown energetico, un rischio per 29 mila imprese con 462 mila addetti. Le carenze di materie prime provenienti da Russia e Ucraina coinvolgono le imprese nei settori di alimentaremetalli e costruzioni, mentre il caro-carburanti colpisce il trasporto merci e persone. Altre imprese in difficoltà le troviamo nei territori maggiormente esposti sull’export di moda e macchinari in Russia e Ucraina, mentre il turismo è colpito nelle regioni con il maggiore peso della spesa dei turisti russi.


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