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FRENANO GERMANIA E CINA, CALO DEL CREDITO E SCARSA FIDUCIA VERSO LA PA.
Dallo Studio di Confartigianato emergono le criticità di fine estate 2019

27 agosto 2019

Le prospettive del commercio internazionale, penalizzate dalle tensioni commerciali e dal rallentamento dell’attività economica in Cina, rimangono negative, come evidenziato nell’ultima nota mensile dell’Istat. Gli interventi protezionistici hanno già determinato un aumento dei dazi per un paniere di beni che rappresenta un controvalore di 200 miliardi di dollari di importazioni statunitensi dalla Cina e le conseguenti misure di ritorsione, come riportato nell’ultima analisi congiunturale dell’Upb. Un report del Fondo monetario internazionale indica che la guerra commerciale potrebbe determinare nel 2020 una minore crescita dello 0,3% del PIL mondiale.

Dai maggiori player manifatturieri mondiali arrivano segnali negativi. La Germania, il maggiore mercato del made in Italy, presenta a giugno 2019 un calo della produzione che, come evidenziato dalle nostre analisi, non si vedeva dal 2009. Anche la Cina, penalizzata dai dazi americani, registra segnali di rallentamento: come evidenziato in una nostra recente analisi nazionale la Cina è uno dei mercati meno dinamici del made in Italy (+0,3% nei primi sei mesi del 2019).

Tra gli altri rischi finanziari segnalati da un recente report della Fed, la banca centrale degli Stati Uniti, “la prospettiva di una Brexit “no deal” e un ritorno delle tensioni fiscali in Italia.”

Le condizioni del mercato del lavoro appaiono ancora buone, anche se l’occupazione ha perso la spinta alla crescita e ha intrapreso un movimento laterale. Le micro e piccole imprese offrono il contributo maggioritario alla dinamica dell’occupazione: l’analisi dei dati dell’ultima Nota trimestrale sulle tendenze dell’occupazioneevidenzia che nel primo trimestre 2019 il 60,6% della differenza tra assunzioni e cessazioni nelle imprese private – equivalente alla variazione tendenziale dello stock di posizioni lavorative dipendenti – si registra nelle micro (38,8% del totale) e piccole imprese (21,8%).

Segnali negativi per il credito, che potrebbe appesantire la dinamica degli investimenti, nonostante la reintroduzione del super ammortamento e una politica monetaria che rimane accomodante: secondo l’ultimo report di Banca d’Italia a giugno 2019 il credito alle imprese (società non finanziarie) registra un calo tendenziale dello 0,9%, peggiorando il -0,2% del mese precedente.  Dall’ultima rilevazione dell’Istat sul clima di fiducia si evidenzia il persistere del saldo negativo dell’indicatore di accesso al credito per le piccole imprese manifatturiere. Un cambio di tendenza negli investimenti privati sarebbe particolarmente grave per l’economia italiana, caratterizzata da una discesa degli investimenti pubblici.

Sull’appesantimento della crescita economica grava una eccessiva pressione fiscale, che in Italia vale 19 miliardi di euro di tasse in più rispetto alla media dell’Eurozona, pari ad un maggior prelievo di 314 euro per abitante. Il cuneo fiscale in Italia supera di 11,8 punti il 36,1% della media Ocse.

Tra le condizioni di contesto che condizionano i processi di crescita vi è la scarsa efficacia della Pubblica amministrazione: nelle valutazioni dell’ultimo sondaggio Eurobarometro rilevato a maggio 2019 solamente il 29% dei cittadini italiani ripongono fiducia nella Pubblica amministrazione, oltre venti punti in meno del 51% della media Ue, dato che colloca l’Italia al 26° posto nell’Unione, davanti solo a Grecia (25%) e Croazia (24%).


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