Le faq fiscali

 

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    Pubblicata il: 26-01-2021

    Oggetto

    Passaggio da contabilità ordinaria a contabilità semplificata

    Domanda

    Una snc esercente attività di commercio all’ingrosso ha tenuto da sempre la contabilità ordinaria (per obbligo). A seguito della diminuzione dei ricavi 2019 ha continuato a tenere la contabilità ordinaria anche nel 2020 (pur potendo adottare la contabilità semplificata). Anche i ricavi 2020 sono inferiori a € 700.000. Dal 2021 può passare alla contabilità semplificata?

    Risposta

    A decorrere dall’1.1.2017, a seguito della modifica dell’art. 66, TUIR ad opera della Finanziaria 2017, le imprese in contabilità semplificata determinano il reddito in base al principio di cassa in luogo di quello per competenza, fermo restando che, il nuovo regime non è un regime di cassa “puro” ma è “improntato alla cassa”. Infatti, per alcuni componenti di reddito “che mal si conciliano con il criterio di cassa” (quali, ad esempio, plus / minusvalenze, quote di ammortamento e canoni di leasing) trova comunque applicazione il criterio di competenza. Si rammenta che la possibilità, da parte di un’impresa individuale / società di persone, di tenere la contabilità semplificata è collegata all’ammontare dei ricavi dell’anno precedente. Il limite dei ricavi,
    come previsto dall’art. 18, DPR n. 600/73, è differenziato a seconda del tipo di attività esercitata (€. 400.000 per prestazioni di servizi / € 700.00 per altre attività). In caso di ricavi non superiori ai predetti limiti, l’adozione della contabilità semplificata, con la conseguente applicazione del regime di cassa, rappresenta il regime naturale e quindi per lo stesso non è necessaria / richiesta alcuna manifestazione di volontà del contribuente. Il contribuente può optare per il regime ordinario (tenuta della contabilità ordinaria e determinazione del reddito con il “principio di competenza”) con effetto fino a revoca, con un periodo minimo di 3 anni. Conseguentemente nel caso di specie la snc che dal 2020 ha tenuto la contabilità ordinaria in luogo della contabilità semplificata per cassa (da comunicare tramite il rigo VO26 del mod. IVA 2021) è obbligata a mantenerla anche per il 2021 e il 2022. Dal 2023, al sussistere delle condizioni richieste, potrà revocare la scelta effettuata.

    Pubblicata il: 26-01-2021

    Oggetto

    Fattura acquisto dicembre 2020 ricevuta a gennaio 2021

    Domanda

    Una ditta individuale in contabilità semplificata ha effettuato un acquisto a fine dicembre 2020. La relativa fattura datata 29.12.2020 è stata “consegnata” da SdI il 4.1.2021. È corretto imputare l’IVA nel 2020 e il relativo costo nel 2021?

    Risposta

    Al fine di individuare il momento in cui è possibile detrarre l’IVA, risulta determinante la data di ricezione della fattura da parte dell’acquirente / committente. A tal fine va considerato che:
    – se SdI riesce a consegnare la fattura al destinatario, la data di ricezione è quella di messa a disposizione del cessionario / committente sul portale Fatture e Corrispettivi;
    – qualora SdI non riesca a recapitare la fattura al destinatario, questa viene messa a disposizione sul portale Fatture e Corrispettivi e la data di ricevimento (a partire dalla quale l’IVA diventa detraibile) corrisponde alla data di presa visione / scarico del file fattura.
    In particolare per le fatture ricevute nel 2021 la relativa IVA è detraibile con la liquidazione del mese di ricevimento (o dei mesi successivi), ovvero, da ultimo, nell’ambito del mod. IVA 2022 relativo al 2021. Per le fatture relative “ad operazioni effettuate nell’anno precedente” non è possibile applicare la c.d. “retro-detrazione”. Nel caso di specie per la fattura datata 2020 consegnata da SdI nel 2021 la relativa IVA è detraibile nel 2021. L’imputazione del costo è collegata al metodo utilizzato per la tenuta della contabilità semplificata. In particolare, in caso di opzione per il metodo “registrato=pagato” di cui all’art. 18, comma 5, DPR n. 600/73, il costo relativo alla fattura, ancorchè datata 2020, è deducibile nel 2021. 

    Pubblicata il: 26-01-2021

    Oggetto

    Amministratore di srl e applicazione del regime forfetario

    Domanda

    Un geometra in regime forfetario nel 2020 è stato nominato amministratore di una srl esercente l’attività di commercio all’ingrosso di materiale edile. Il geometra non è socio della società, per la carica di amministratore ha percepito un compenso pari a € 20.000 e non ha effettuato alcuna prestazione nei confronti della srl. La carica di amministratore “blocca” l’adozione del regime forfetario nel 2021?

    Risposta

    In merito all’adozione del regime forfetario l’art. 1, comma 57, Finanziaria 2015 prevede una serie di cause ostative ed in particolare:
    – in base alla lett. d), costituisce causa ostativa il controllo diretto / indiretto, da parte del soggetto, di srl esercenti attività economiche riconducibili a quelle svolte dall’imprenditore / lavoratore autonomo;
    – in base alla lett. d-bis), non possono adottare il regime forfetario i soggetti che esercitano l’attività prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi rapporti nei 2 anni precedenti, ovvero nei confronti di soggetti direttamente / indirettamente riconducibili ai predetti datori di lavoro;
    – in base alla lett. d-ter), è prevista l’esclusione dal regime forfetario per i soggetti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente / assimilati ex artt. 49 e 50, TUIR eccedenti € 30.000. Le somme relative alla carica di amministratore rientrano tra i redditi assimilati di cui al citato art. 50. Nel caso di specie il geometra può continuare nel 2021 ad applicare il regime forfetario in quanto non risultano integrate le predette cause ostative (in particolare i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente non hanno superato la soglia di € 30.000).

    Pubblicata il: 18-01-2021

    Oggetto

    Rivalutazione beni d’impresa e saldo attivo in caso di cessione del bene

    Domanda

    Una società in contabilità ordinaria che procede alla rivalutazione dei beni d’impresa ex DL n. 104/2020, c.d. “Decreto Agosto” con il versamento dell’imposta sostitutiva del 3% deve mantenere in bilancio il saldo attivo di rivalutazione anche dopo l’eventuale cessione del bene?

    Risposta

    Il soggetto che si avvale della rivalutazione dei beni d’impresa ex DL n. 104/2020 nel bilancio 2020 deve rilevare il c.d. “saldo attivo”, pari alla differenza tra il maggior valore del bene e l’imposta sostitutiva dovuta. Si rammenta che tale rilevazione non riguarda i soggetti in contabilità semplificata.
    Il saldo attivo può alternativamente essere:
    – imputato a capitale;
    – accantonato ad un’apposita riserva in sospensione d’imposta. La riserva può essere affrancata a fronte del versamento di un’imposta sostitutiva pari al 10%.
    In caso di cessione del bene rivalutato:
    prima del decorso del periodo di “sospensione”, ossia prima dell’inizio del quarto esercizio successivo a quello della rivalutazione (2024), gli effetti fiscali della rivalutazione vengono meno, con riconoscimento in capo al cedente di un credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva riferibile al bene ceduto.
    La riserva, che va incrementata dell’imposta sostitutiva corrispondente al maggior valore attribuito al bene ceduto, diviene “libera”;
    dopo il decorso del predetto periodo di “sospensione”, la rivalutazione mantiene la propria efficacia, con conseguente riconoscimento fiscale del maggior valore del bene.
    La plus / minusvalenza va determinata considerando il valore rivalutato.
    Per quanto concerne la riserva di rivalutazione, la stessa permane nel bilancio della società anche successivamente alla cessione del bene oggetto di rivalutazione.

    Pubblicata il: 18-01-2021

    Oggetto

    Rivalutazione beni d’impresa e saldo attivo non affrancato

    Domanda

    Una società di persone intende procedere alla rivalutazione dei beni d’impresa ex DL n. 104/2020, c.d. “Decreto Agosto” con il versamento dell’imposta sostitutiva del 3%. Quali sono le conseguenze del mancato affrancamento del saldo attivo di rivalutazione?

    Risposta

    Merita innanzitutto precisare che per le società di persone in contabilità semplificata la rivalutazione non determina l’iscrizione di alcuna riserva.

    In caso di tenuta della contabilità ordinaria la riserva rappresentata dal saldo attivo di rivalutazione:
    se affrancata, tramite il versamento dell’imposta sostitutiva pari al 10%, diviene “libera”. In caso di distribuzione ai soci non si determina alcuna tassazione nè in capo alla società nè in capo ai soci;
    se non affrancata rimane in sospensione d’imposta. In caso di distribuzione ai soci le somme attribuite, aumentate dell’imposta sostitutiva corrispondente all’ammontare distribuito, concorrono a formare il reddito della società e il reddito imponibile dei soci. Ciascun socio ha diritto a scomputare pro-quota l’imposta sostitutiva pagata dalla società.
    Se la riserva è utilizzata per la copertura di perdite, non si determina alcuna tassazione. Sul punto merita evidenziare che l’Agenzia delle Entrate nella Risposta 24.7.2019, n. 316, fornendo un’interpretazione “discutibile”, ha ritenuto tassabile l’utilizzo del saldo attivo di rivalutazione (non affrancato) per la copertura del disavanzo da annullamento generatosi a seguito di una fusione per incorporazione.