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Pubblicata il: 23-12-2021
Appartamento in comodato e spettanza del c.d. “bonus idrico”
Un genitore ha concesso in comodato, non registrato all’Agenzia delle Entrate, un appartamento alla figlia nel quale risiede con la famiglia. Poiché la figlia non può beneficiare dell’agevolazione c.d. “bonus idrico”, può sostenere le spese il padre (proprietario) e quindi richiedere il bonus?
Il c.d. “bonus idrico”, previsto dall’art. 1, commi da 61 a 65, Legge n. 178/2020 (Finanziaria 2021) è riconosciuto, per un importo massimo di € 1.000 per ciascun beneficiario, per le spese sostenute nel 2021 relativamente ai seguenti interventi:
– fornitura e posa in opera di vasi sanitari in ceramica con volume massimo di scarico pari o inferiore a 6 litri e relativi sistemi di scarico, compresi le opere idrauliche e murarie collegate e lo smontaggio / dismissione dei sistemi preesistenti;
– fornitura e installazione di:
– rubinetti e miscelatori per bagno e cucina, compresi i dispositivi per il controllo di flusso di acqua con portata pari o inferiore a 6 litri al minuto;
– soffioni doccia e colonne doccia con valori di portata di acqua pari o inferiore a 9 litri al minuto, compresi le eventuali opere idrauliche e murarie collegate e lo smontaggio / dismissione dei sistemi preesistenti.
L’agevolazione spetta alle persone fisiche titolari di diritto di proprietà / diritto reale ovvero di diritti personali di godimento già registrati alla data di presentazione della domanda su edifici esistenti / parti di edifici esistenti o singole unità immobiliari. Nel caso di specie, considerato che il contratto di comodato non è stato registrato, il beneficio può essere usufruito soltanto dal proprietario dell’immobile, ossia dal padre, che può quindi sostenere le spese e presentare la domanda, tramite la specifica Piattaforma presente sul sito Internet del Ministero della Transizione Ecologica (MiTe), per ottenere il bonus in esame.
Contabilità semplificata “per cassa” e adozione nuovo criterio dal 2022
Un’impresa in contabilità semplificata imputa i costi ed i ricavi ai fini II.DD. in base alle date effettive di pagamento / incasso. Dal 2022 è intenzione del contribuente adottare l’imputazione dei costi / ricavi in base alle date presunte collegate con la registrazione delle fatture. Come vanno trattate le fatture che al 31.12.2021 non risultano ancora pagate / incassate?
Le imprese in contabilità semplificata per cassa possono adottare, previa opzione vincolante per almeno un triennio, il metodo c.d. “registrato=incassato/pagato” disciplinato dall’art. 18, comma 5, DPR n. 600/73, in base al quale “si presume che la data di registrazione dei documenti coincida con quella in cui è intervenuto il relativo incasso o pagamento”. L’opzione per tale metodo a decorrere dall’1.1.2022 va comunicata nel quadro VO del mod. IVA 2023 ed è vincolante fino al 2024.
Considerato che non sono espressamente previste specifiche disposizioni applicabili al passaggio dal regime di “cassa puro” a quello di “registrazione,” si ritiene che al fine di evitare salti o duplicazioni d’imposta i ricavi / costi non incassati / pagati nel 2021 assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi in cui è avviene l’incasso / pagamento.
Distribuzione riserva di utili e contributi COVID-19
Una srl ha approvato il bilancio 2020 nel mese di giugno 2021, procedendo all’accantonamento a riserva dell’utile. Entro il 31.12.2021 i soci intendono prelevare una parte degli utili accantonati. Avendo ricevuto aiuti COVID-19 a titolo di contributo a fondo perduto previsto dal DL n. 34/2020 e dal DL n. 137/2020 la società doveva “vincolare” parte dell’utile accantonato a riserva indisponibile?
La società che ha ricevuto nell’esercizio 2020 aiuti COVID-19 non è tenuta a vincolare una parte dell’utile conseguito a riserva indisponibile, posto che le disposizioni in materia di tali agevolazioni non prevedono alcunché al riguardo. L’obbligo di destinare l’utile realizzato ad una riserva indisponibile è previsto, ad esempio, in caso di utilizzo della sospensione degli ammortamenti 2020, come disposto dall’art. 60, comma 7-ter, DL n. 104/2020, c.d. “Decreto Agosto”.
Pubblicata il: 23-12-2021
Prestazione resa da un forfetario ad un forfetario e mod. CU
Un ingegnere forfetario ha incassato nel 2020 una fattura emessa ad un collega anch’esso forfetario. Entro il 30.11.2021 (termine di presentazione del mod. REDDITI 2021) non ha ricevuto la CU relativa a quanto incassato nel 2020. Il mancato rilascio del mod. CU da parte del cliente è un comportamento corretto? In caso contrario, è possibile richiedere allo stesso il rilascio in ritardo della CU?
I contribuenti forfetari, in luogo del rilascio / invio all’Agenzia delle Entrate del mod. CU, devono compilare la specifica Sezione presente nel quadro RS del mod. REDDITI (rigo RS371 - RS373) indicando il codice fiscale del percipiente e il compenso corrisposto. Nel caso di specie il comportamento tenuto dal cliente è corretto.
Pubblicata il: 16-11-2021
Cessione tablet PC e applicazione reverse charge
Una srl esercente l’attività di commercio all’ingrosso di beni / attrezzature elettroniche per l’informatica deve cedere un tablet PC ad una snc che lo utilizza quale bene strumentale. È corretto applicare l’IVA del 22% in quanto la snc può essere definita “cessionario-utilizzatore” del bene?
Alle cessioni di:
– console da gioco, tablet PC e laptop;
– dispositivi a circuito integrato, quali microprocessori e unità centrali di elaborazione, effettuate prima della loro installazione in prodotti destinati al consumatore finale;
è applicabile il "reverse charge" ex art. 17, comma 6, lett. c), DPR n. 633/72.
Tale meccanismo prevede l’emissione della fattura da parte del cedente senza addebito d’imposta; l’acquirente integra la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa IVA e provvede ad annotarla nel registro delle fatture emesse / corrispettivi e nel registro degli acquisti.
Come specificato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare 22.5.2016, n. 21/E e ribadito nella Risposta 1.10.2021, n. 643 il reverse charge è applicabile “per le sole cessioni dei beni effettuate nella fase distributiva che precede il commercio al dettaglio”.
In particolare, come sottolineato nella citata Risposta n. 643, “i cedenti (non venditori al dettaglio) dei beni in argomento sono tenuti ad emettere fattura senza addebito d’imposta ... con l’indicazione della norma che prevede l’applicazione del reverse charge (art. 17, sesto comma, lett. c) del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633)”.
In tale contesto non è possibile non applicare il reverse charge a richiesta dell’acquirente e in base all’uso che quest’ultimo farà del bene acquistato.
